mercoledì 19 gennaio 2011

NUOVI RACCONTI

IL GIORNO PRIMA

Si, si ti dico, trascorso in modo ordinario, il giorno prima. Sveglia alle sei, come al solito e, come al solito, immediata visita in bagno. Barba, intanto; quindi  ripiegamento in camera per disinserire le sveglie. Corsa in cucina. Biscotti, caffelatte, marmellata, yogurt. Fumata quasi per intero una sigaretta. Poi, a ruota,  camera, armadio, ricambio. Ritorno in bagno. Doccia, velocissima. Vestizione ed elenco sussurrato delle cose da prendere. Portafogli, telefono, orologio, documentazioni varie, chiavi. Confezionamento dei rifiuti, deposizione accanto alla porta d’ingresso. Poi  i saluti, frettolosi.  Ci sei,fin qui ?  Chiamo l’ascensore che non e’ quasi mai al piano. E sono gia’ fuori, parcheggio, auto. Una ventina di chilometri, assonnato, infreddolito, distratto, non arrivo per primo, ma faccio in tempo a non arrivare per ultimo. Saluti approssimativi. Scrivania, e si comincia, o quasi. Di seguito il primo  vero caffe’e un’occhiata al giornale. Dopodiche’ lavoro,  lavoro, facezie, lavoro, facezie, telefono, facezie, lavoro. Pausa. Pranzo con i colleghi. Bar tavola calda.  Scelta del primo o del secondo, o del piatto composito del giorno. Riesame del giornale. Smorfie Del caso. Commenti, sdegnati come al solito. Ieri anche quella notizia tremenda, ma ogni giorno ce ne sono. Corrispondo il dovuto, rivolgo una parola alla cassiera. Ritorno alla scrivania. Lavoro, lavoro, programmazione del lavoro successivo, telefono, elenco mentale delle pratiche da trattare l’indomani, promemoria del caso. Fine. Esco che e’ praticamente sera. Parcheggio. Auto. Ieri mi pare stessi fischiettando, persino. Mi segui ? Altri venti chilometri, ma frazionati. Sosta dal droghiere per quelle due cosucce che mancano, dimenticate durante la spesa settimanale. Parcheggio. Casa. Anna. “Tutto ok ?” ,” tutto quasi bene?” “Si, si, in ufficio un dramma dietro l’altro, le cose peggiorano di giorno in giorno…ma che si mangia?”. Bagno, abiti da casa, cena. Tv forse, se non c’e’ altro di meglio da fare. Tutto normale fin qui, tutto nell’ordinario, no ? Anche gli sbadigli. Che arrivano regolarmente. Reciproci. Bagno, una seconda volta, infine letto. Fin qua tutto nella norma, confermi? Tutto regolare no? Tutto a posto, ti pare? E questo e’ stato. Mi hai capito? Nessun segno premonitore, nessuna avvisaglia, niente di niente. E questo fino a ieri. Si, si  ieri, ti dico, il giorno prima che accadesse. 

PROTESA

Si, si, cosi’ ci piaci. Truccata e, profumata. Smagliante complice della nostra umana arrendevolezza eppure sdegnosa, talvolta. Un ineludibile conforto per le nostra anime bisognose. Un magnete che attira i nostri sguardi verso il tuo profilo migliore, avvolto in abiti sgargianti. Esclusiva e perfetta di fronte alla nostra mediocrita’, Quanto dobbiamo apparirti dimessi e trasandati. Quanto esitanti ed incerti nel rispondere ai tuoi perentori appelli. Consapevoli anche noi di non meritarti quasi mai. Consci del nostro essere prodotti infimi e inaffidabili. Sicuri che non saremmo mai scelti da te. Quanti battiti di palpebre ci hai strappato ? Quante  dichiarazioni iperboliche ? Ci mettiamo in mostra anche noi, vedi, nel nostro piccolo, certi che la selezione ci riguardi tutti. Confortati dall’accoglienza che ci riservi. Che ci riservate. Rassicurati dal vostro ammiccare quando ci protendiamo verso di voi, vi afferriamo e poi, con gesto risoluto, vi conquistiamo. E ci tuffiamo con voi.nel carrello.


IMPREVISTO

Avevamo fatto le cose per bene, Rossana ed io. Conosciuti giovanissimi, sani tutti e due, e innamorati. Sposati quasi subito, arrivati in anticipo a tutti gli appuntamenti, bruciate tutte le tappe, carriere comprese. La casa, poi la villa. Aiutati, certo, ma neanche troppo. Gravidanza perfetta, venuta al mondo senza problemi. I complimenti del personale medico.I tratti del viso che si intuivano gia’ belli e alteri fin dai primi mesi. Poi e’ cresciuto, mentre noi riprendevamo tante abitudini di prima. Lo osservavo. Lo sentivo parlare.. Le prime parole, le frasi smozzicate. Infine l’esposizione compiuta di pensieri o di quel che di essi si puo’ riferire. E da li’ ho cominciato a soffrire. Mi dicevo che non poteva essere. Che avrei dovuto intervenire, farci qualcosa. E ci ho anche provato.Ma non e’ servito a niente. Tuttavia l’ho cercato inutilmente, nel tempo, in quello che diceva, quel minimo di senso logico, quel ritaglio di buon senso o di originalita’. Non pretendevo ragionamenti complessi, non mi interessava rintracciare nelle sue frasi un po’ di me, men che meno aspiravo ad avere il genio in casa. E ho continuato a cercarla, negli anni, quel po’di coerenza logica, o di profondita’, senza esito.Ora quando parla faccio finta di niente . Se sono nell’altra stanza e mi giunge lo stesso il suono della sua voce, mi tappo le orecchie. Nelle cene conviviali, quando c’e’,  mi industrio in mille sotterfugi per far si’ che parli ilmeno possibile.
Andava tutto bene. Ora e’ tutto in vacca.Quando esce e permane per un po’ fuorimi sembra di rivivere. Ma le volte che sta in casa e parla, non lo sopporto.Non sopporto di avere un figlio imbecille.



ZORRO E’ MALATO

Ora ne approfittano, vogliono essere sicuri che capiamo veramente. Lavoriamo tutto il giorno come schiavi, senza vedere un peso e la notte ci tocca sopportare le incursioni dei loro scagnozzi.E non ci vanno leggeri. L’altro giorno, alla seconda frustata, Ramon ha avuto un gesto di ribellione. Cosi’ l’hanno preso, legato ai cavalli e squartato vivo,mentre noi eravamo obbligati ad assistere. E a lungo, perche’ hanno impiegato vecchi ronzini che non ne volevano proprio sapere di muoversi. Hanno usato i piu’ vecchi, per non stancare gli altri. Si prendono tutto, dano fuoco alle nostre capanne, ai miseri oggetti che ci rimangono. Violentano le donne. Adesso siamo in mano loro. Adesso si fanno forti. Ora che Zorro e’ malato.



IO TI CREDO

Mi hai portato in Kenya, eri proprio deciso a costruirla quella scuola. Ne parlavi tanto quando ci vedevamo al Circolo, la sera. Cibo e istruzione, dicevi. Aiutarli qui poveracci a camminare con le loro gambe. Mi hai sottoposto il progetto, corredato di foto e diagrammi. E mi hai ringraziato dopo che ti ho avallato la richiesta di finanziamenti. Con molto calore. Abbracciandomi persino, una volta, al termine di un tuo piccolo comizio. Quando mi hai coinvolto direttamente nell’impresa mi sentivo felice, quasi realizzato. Me ne sono rimasto al mio posto,ma l’hai capito, dentro di me gongolavo. All’organizzazione del viaggio ho poi pensato io. Un esborso limitato, dopotutto. Poche ore di volo, qualche chilometro in pullman. Bastevoli, tutavia, ad intaccare la tua determinazione. Sei….siamo arrivati al villaggio gia’ un po’ scocciati, credo di poterlo affermare. Alberi rinsecchiti, terreni riarsi, campi ormai esausti e zanzare ovunque. Gli operai erano in pausa e in numero minore del previsto. Mancavano i soldi, dicevano.Gli ingegneri non si facevano vedere da tempo. La sera dopo non ho neanche dovuto chiedertelo. Mi e’ bastato guardarti per capire. Nessun ripensamento, mi hai detto. Ma vedi, quell’altra questione, il museo artistico di Arbus, esige tutto il mio impegno, specie ora che le elezioni sono alle porte, capisci? Si’, io credo di capirti. Ma e’ un mondo feroce, la’ fuori. Un mondo di illazioni ed antipatie immotivate, in cui l’intraprendenza e’ sovente confusa con l’opportunismo. Io so che fai del tuo meglio, che da anni non ti concedi un momento tutto tuo, che non riesci a placare la tua irruenza, contenere la tua disponibilita’ per il prossimo, anche a costo di essere giudicato incoerente. Io ti comprendo. Io ti credo.Te l’ho ripetuto ancora l’altro giorno quando ci siamo ritrovati al Club, quello che hai aperto due mesi fa. Si, si quello nuovo, con le porte scorrevoli e l’insegna grande e luminosa. Con le luci intermittenti.


ALFA 2

Non esiste dentro e fuori su Alfa due. Difficile spiegare. Non c’e’ propriamente un sopra e un sotto e, se vuoi saperlo, nemmeno un avanti e un  indietro, perche’ non ci sono distanze da coprire. Mi chiedi se si respira. In qualche modo si’, ma in maniera diversa. Non e’ propriamente un atto volontario, una attivita’ riflessa, ma qualcosa di diverso. Mi esprimerei in questi termini: si e’ respirati. Bisogna andarci, per comprendere a fondo. Gli oceani di plasma, il flusso elettronico conformato, la non luce, vorrei descriverteli, ma e’ impossibile. Come ? Ah, si’, si scopa su Alfa 2. Normalmente.


RIEVOCAZIONE

Alla fine ci siamo andati. Su indicazione di Ermanno ed Elena, che abbiamo incontrato dopo pranzo nella piazza del paese. Non ci tenevo molto, ma un po’ di colore, dopotutto, non guastava. Cosi’ ci siamo avviati con loro. C’erano le solite bancarelle di cianfrusaglie pseudo storiche, riproduzioni in plastica di picche, fucili ad avancarica, cartine dell’epoca ed ornamenti militari, che abbiamo accuratamente evitato. Poi, prima di vedere i soldati, si sono sentiti i tamburi e, al margine del campo, hanno fatto capolino gli stendardi. Verdi da un lato e neri dall’altro. Ci siamo seduti sulla riva erbosa, a lato della strada, chiusa al traffico per l’occasione, meditando sull’eventualita’ di un gelato. Ma era tardi, stavano gia’ apparendo i soldati, nelle loro uniformi strette e sgargianti. Si ordinavano su due fronti contrapposti, marciando sul posto.  Una volta sistemati i cannoni ed i cavalli si era a posto, pensavamo. La camionetta col telo mimetico non si capiva cosa c’entrasse. . Si era messa in moto e ne erano scesi militari equipaggiati di tutto punto. Scambiavano ordini. Si indirizzavano gesti, indicazioni. Uno si mise a gridare in direzione di un mezzo blindato che stava sopraggiungendo dall’estremo opposto della strada. E altri, sebbene ci fosse il sole a dipingersi il viso di nero. E tutti quanti, infine, cominciarono a sparare. Ovunque.

I LADRI

Ti telefonano nel cuore della notte, all’Hotel Vattelapesca, dove alloggi per le vacanze. “Scusi l’ora, vorremmo disturbarla il meno possibile.”Intendiamo comportarci bene”. Il risveglio non e’ dei migliori, certo, ma scacci il disappunto e cerchi di concentrarti. Avresti potuto cascare peggio. “Dunque, si’, l’apparecchio X lo vedete, e’ vicino al tavolo del soggiorno, e non ci sono problemi.” “Sicuro? Ha un aspetto asettico ma potrebbe nascondere motivi di affezione”.”No, e’ nuovo,  non abbiamo avuto il tempo di, ma non e’ troppo grosso?.” “Lo prendiamo allora.” “Si, poi ci sono il lettore X , il video Y, l’impianto Z, ma le istruzioni, sono difficili”.Cogli una voce in sottofondo, qualcuno contraddistinto da modi meno urbani rispetto all’interlocutore, che esorta a sbrigarsi” Si, ecco, non voglio farvi perdere tempo, i valori sono nella cassaforte, la combinazione e’ X, ma….” “Si’?” “Ecco, mi dispiace, c’e’ poca roba.” “Qualcosa di particolare che desidera…?.””L’orologio del nonno, placcato oro, lo riconoscera’ senza che glielo descriva” “Siamo qui per questo. Allora, c’e’ altro ?” “A posto.” “Le auguro buonanotte.””Buonanotte e, e’ stato un piacere”.

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